In molte razze si sente parlare di Ipertipo, unn esempio un po’ esagerato per capire il concetto potrebbe essere il seguente: un mastino napoletano noto come un molossoide dai grandi diametri e tanta pelle, è considerato ipertipico quando ha un’ossatura spropositata, coperta da almeno il doppio della pelle, che gli servirebbe per vestirsi e quindi pieno di pliche; un soggetto simile, tralasciando tutti i problemi che si trascina con se’, appare all’occhio del profano come uno scherzo della natura, difficilmente come un cane.
Arrivando al Pli che è un cane di cui mi interessa parlare ho visto definire (per fortuna questi soggetti sono rari) ipertipici dei piccoli levrieri che non esiterei a chiamare “fuori tipo”, fermo restando che per tipo si intenda quello documentato dalla ricca e vecchia iconografia che accompagna la razza e definito dallo standard.
In alcune pubblicazioni del passato troviamo come modello di tipicità la fotografia del grande campione Pippo du Parc de la Casetta del compianto ing. Guido Piovano; sull’ultimo numero speciale de “I Nostri Cani” l’Enci ha provveduto a pubblicare un disegno esemplificativo di come deve essere fatto un Pli, ciò per illustrare meglio e colmare le inevitabili lacune che una descrizione scritta comporta.
Ritornando all’argomento di cui voglio trattare, passo ad elencare quelli che a mio giudizio sono i principali problemi riguardanti l’IPERTIPO, e devo necessariamente cominciare dalla testa.
Si vedono a volte dei crani eccessivamente stretti che esprimono teste lunghe e sottili che io chiamo da serpente, proprio per l’inconsistenza del cranio; occhi spesso piccoli o di forma eccessivamente orientaleggiante. Certo lo standard non è esplicito sulla forma dell’occhio, poiché non specifica se debba essere tondo o a mandorla, questo è il motivo di più per affidarsi al buon senso ed esigere prima di tutto un occhio da “cane”, un bell’occhio e riconoscibile da tutti, prescindendo da conoscenze specifiche, perché deve essere soprattutto bello e piacevole da vedere.
Per quanto riguarda l’espressione, non è facile da definire, ma deve essere una armonica fusione fra il manifestare una “folle” voglia di cacciare una preda in corsa e l’affascinante sguardo sognatore di un levriero orientale, che sembri attraversare ogni ostacolo come se fosse trasparente, arrivando ad intravedere la lontana terra d’origine. Quando mi trovo di fronte ad una bella testa e ad una buona espressione, ritengo che mezzo cane sia fatto.
L’altra metà è data dal corpo che deve essere certamente “dolicomorfo”, ma rispettare proporzioni tali, che oltre a rendere adatto il cane alla sua funzione di velocista, gli consentano di rappresentare quel perfetto modello di armonia che è un levriero. Riferendosi di nuovo all’ipertipo, diffidiamo quindi di cani eccessivamente alti sulle gambe, con tanta aria sotto di sé e un’eccessiva distanza tra torace e gomito; un corretto movimento in simili casi è impossibile. Un’altra cosa importante è la larghezza del torace, che deve essere ragionevolmente ampia e non sottile e piatta; nel complesso il corpo del PLI deve dare certo l’impressione di raffinata eleganza, ma avere una sostanza sufficiente a non farlo sembrare un efebo pronto a frantumarsi al primo tempo di galoppo; l’impressione dev’essere quella di un corpo da atleta.
Per quello che riguarda l’andatura, tanto se ne è già discusso, fino al punto di riuscire a chiarire l’equivoco provocato dall’inserimento nello standard del termine “saltellante”, sul quale si è molto equivocato, ma ora mi pare tutto chiarito (soprattutto all’estero, il problema in Italia non si è mai posto), ed ora è universalmente accettato che i nostri cani camminino da “cane” e non come un cavallo addestrato con le balze; l’andatura del Piccolo Levriero deve essere “musica”, classica, s’intende.
Un altro problema di cui mi preme parlare è quello riguardo il “vecchio e il nuovo tipo”.
Qui mi sento di mettere in guardia contro certi atteggiamenti di accondiscendenza verso mutazioni nel tipo che ne sconvolgono l’essenza stessa.
Cito nuovamente un esempio chiarificatore: per razze relativamente “nuove” come ad esempio il Boxer, passare dalle forme di quella specie di molosso slanciato e simile ad un odierno meticcio della razza, che nelle vecchie foto è indicato come progenitore del cane odierno, alle perfette forme plastiche dei campioni di oggi è l’ideale coronamento di una selezione evolutiva, che verte alla ricerca di un miglioramento di requisiti fissati dallo standard.
Per quanto riguarda il Levriero Italiano, non si può e non si deve migliorare niente, bisogna solo conservare; a noi è stato affidato dalla Storia, forse dalla Preistoria, un cane che per secoli ha avuto determinate caratteristiche somatiche indipendentemente dalle variazioni di mole che hanno caratterizzato i cani a seconda dell’impiego che ne veniva fatto, noi abbiamo il dovere di conservarle perché rappresentano un tesoro di “archeologia canina”, senza cercare di mutarne l’essenza né tanto meno accettare cambiamenti fortuiti che possono essere frutto del caso, di selezioni errate o peggio di degenerazione, facendoli passare per evoluzioni.
Ultimo argomento il carattere, che deve essere necessariamente piacevole e simpatico; la nostra razza è cacciatrice ed insieme cortigiana, non può quindi che racchiudere in sé le caratteristiche dei cani da caccia (buoni e simpatici compagni) e la simpatica permalosità dei cortigiani che per la loro stessa natura di frequentatori di Corti o se il termine viene usato al femminile, con un altro significato ben noto, debbono necessariamente essere una compagnia gradevole, con un buon approccio anche con gli estranei.
In conclusione, vista la crescita che ha avuto la razza negli ultimi anni dopo un periodo di stasi che aveva fatto temere il peggio, mi sento di affermare che è nostro dovere di allevatori, per consolidarne la diffusione, continuare sempre di più a dare del Pli un immagine di cane sportivo che comunque per le sue ridotte dimensioni si adatta bene alle esigenze della vita moderna, cercando di smentire definitivamente l’opinione un tempo diffusa che si tratti più di un aristocratico e delicato giocattolino in porcellana “bisquit” che di un cane.
Da parte mia, alla domanda spesso rivoltami dal pubblico tendente a sapere se sia un cane particolarmente delicato oppure freddoloso, ho sempre risposto: è un cane ed è come tutti gli altri cani, anche se per noi “piccolo-levrieristi” ha sempre qualche cosa di più.

Aldo Cerletti
(da un bollettino del CPLI del 1990)